VERA FOTOGRAFIA…

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“Vera Fotografia” è il titolo di una mostra del grande maestro Gianni Berengo Gardin che, come molti altri fotografi rinomati, probabilmente, guardando una fotografia come quella che ho scelto come copertina dell’articolo, la riterrebbe finta,inutile e anche poco originale.

Finta perché postprodotta troppo,  inutile perché non racconta nulla e banale perché scattata da altri milioni di fotografi prima di me.

Sapete, se frequenterete gli ambienti della fotografia per un po’, man mano che entreranno nel vostro campo visivo sempre più generi fotografici e che comincerete a conoscere il parere di tanti diversi fotografi, vi renderete sempre più conto di quanto col termine “fotografia” non si dica mai la stessa cosa.

“Fotografia” ha lo stesso significato di “Amore”, ovvero una parola che è facilmente incline alla multi-interpretazione.

Vi accorgerete poi che ogni fotografo ha una sua filosofia di vita e vedrete che nelle sue immagini vede determinate cose che sono poi il suo modo di vedere il mondo.

La fotografia intimistica, e in particolare quella di paesaggio, viene molto spesso vista come fotografia di serie “B” per diversi motivi.

Il primo è che sembra non raccontare nulla se non la sua estetica, il secondo è che a livello professionale non porta mai introiti e il terzo ma non ultimo è che è spesso troppo autoreferenziale; cioè l’autore sembra occuparsi più di se anziché del mondo che lo circonda.

Un altro discorso riguarda il periodo storico e il luogo nel quale certe fotografie prendono vita e il modo in cui sono viste. Molte fotografie divenute famose non hanno il merito di essere migliori di altre, hanno spesso il merito di essere state in sintonia e in accordo con la sensibilità del tempo oltre alla fortuna di essere state pubblicate da importanti riviste e naturalmente a quella di essere state delle ottime immagini.

Il nostro è un periodo caotico e di grande confusione, la nostra cultura sembra correre veloce ma senza una reale direzione e questi periodi, se da una parte sono fecondi di idee, dall’altra sono fecondi di caos.

C’è un grande caos anche rispetto al mondo interiore di ognuno di noi che, nell’epoca del mercato globale, sembra non trovare posto.

Osservate come la spiritualità non sia nient’altro che un mercato che banalizza ogni visione interiore che, se da una parte ha una sua dignità storica, contestualizzato in un mondo materiale, diventa quanto di più sciocco e banale ci sia.

La fotografia paesaggistica e intimistica ha lo stesso problema… sembra una fotografia banale perché non c’è un racconto e , un mondo che non ha nemmeno tempo di mangiare all’ora di pranzo, non può avere certo il tempo di osservare una foto che parla di un mondo intimo o naturale.

Personalmente credo che ognuno di noi vive momenti diversi nella propria vita che per un fotografo significa fotografare cose diverse.

Credo che la fotografia nasca comunque da dentro, anche se si racconta la guerra, la cronaca o la vita in generale…

La fotografia di paesaggio può essere quanto di più banale possa produrre un fotografo ma può anche essere esattamente il contrario. Tutto dipende dal bisogno e da cosa si vuole comunicare:

Se quello che si vuole comunicare è perfezione tecnica, estetica e prendere dei facili like, forse bisognerebbe un’attimo rivedere il motivo per cui si fotografa e magari fare una riflessione sul senso di quello che si fa.

Ma se si approccia al paesaggio con una voglia di comunicare uno stato interiore, una sensazione e anche una storia, allora non esiste genere più affascinante… Il paesaggio, in particolare quello naturale, non parla della storia di un’uomo, ma della storia dell’umanità.

Io vedo in ogni increspatura del mare un mondo e una storia, in ogni disegno dell’onda una poesia e in ogni alito di vento un senso. Ma ci vedo anche guerra, contraddizione, e paura…

Non si può credere che il mare possa essere banale, può essere banale solo il messaggio di chi lo interpreta.

Ogni immagine dirà sempre cose diverse a seconda di chi la guarda e se avremo un grande pregiudizio vedremo sempre meno nei messaggi delle fotografie.
Paradossalmente chi ha più pregiudizio non è il fotoamatore che vuole crescere ma il fotografo che si crede già cresciuto e che ritiene sia banale un paesaggio solo perché ne ha visti tanti probabilmente senza osservarne nemmeno uno…

 

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