Senza bussola.
Questa è la frase che mi sembra più consona per descrivere il modo in cui il mondo della fotografia si incontra col mondo dei social.
Partiamo dall’inizio:
I nostri tempi hanno come denominatore comune questa assoluta perdita di confini:
come un fiume senza argini che da una parte permette all’acqua di uscire da un canale ed andare a nutrire un terreno sconosciuto, dall’altra rischia di perdersi in uno stagno e morire nella totale immobilità al gracchiare delle rane.
Quali sono i fattori comuni che possiamo prendere come punti di riferimento oggi, malgrado la perdita totale di confini?
Dal mio punto di vista sono due: velocità e superficialità.
Oggi, dopo una chiacchierata con un amico ieri sera, mi è venuta l’idea di crearmi un profilo su snapchat, la chat dove gli elementi sopracitati trovano la massima espressione.
Non conosco benissimo il meccanismo perché mi sono appena iscritto ma da quello che ho letto si tratta di una chat che permette di inviare messaggi multimediali di ogni genere, dalle foto ai video animati e, per gli amanti del vintage, anche di scrivere.
La caratteristica che più mi ha dato da riflettere e che questi messaggi si autodistruggono in pochi secondi. Al massimo si può decidere di salvarli per 24 ore e poi comunque spariscono.
Continuando la mia ricerca sul parallelo social-fotografia, ho creato un profilo su Pinterest, social che ha come tema “le idee”suddivise in argomenti (architettura, arte , giardinaggio..etc), e qui, la bacheca comune ad ogni utente corrisponde a una serie di immagini che scorrono una attaccata all’altra prive di scritte o titoli.
Cliccando sull’immagine puoi approfondire l’argomento che l’immagine riassumeva. Stesso meccanismo del cartellone pubblicitario con in aggiunta l’elemento informazione che la pubblicità non da più da secoli oramai.
Instagram e un’altro social fondato sull’immagine e l’altro giorno, ascoltando un fotografo piuttosto famoso descrivere il suo profilo, spiegava di come avesse molti più like una foto del suo cappuccino mattutino piuttosto che le sue immagini famose.
Passiamo a facebook, il più noto.
Da alcuni articoli che ho letto sembra che il social, fondato prevalentemente sulla possibilità di postare contenuti multimediali che poi permangono sulla propria bacheca, stia vivendo una crisi legata all’assenza di contributi creati dagli utenti. Sembra che ci sia sempre meno creazione di contenuti e sempre più condivisione dei link .
Dato che il social vive dei contenuti creati dagli utenti, c’è un continuo spingere da parte del social a postare: dalla domanda “a cosa stai pensando” al ricordo del fatto che hai salvato un elemento da giorni, o che sono settimana che non crei post sulla tua pagina.Quasi stizzito Facebook ci ammonisce perché non facciamo quello che lui si aspetta da noi.
Esistono altri social attivi e altri ne nasceranno ma credo che questa breve carrellata possa essere sufficiente a farsi una domanda:
In che modo la fotografia entra in questa modernità fatta di velocità e superficialità?
Innanzi tutto va distinta l’idea di fotografia legata a un concetto profondo e storico e a volte artistico della stessa, dall’utilizzo dell’immagine che oggi si fa. Si tende a dire che siano i giovani a utilizzarle in un determinato modo ma anche mia madre, che non è più una bambina, utilizza la chat di Facebook e posta delle sue immagini.
Così come è scomparsa la scrittura per argomentare un contenuto in maniera più o meno approfondita, dai social sta sparendo la fotografia che fa pensare e, al suo posto, esiste l’immagine latente, istantanea che porta un messaggio veloce e leggero, spesso superficiale e anche di breve durata.
Mi sembra che questa nuova forma di comunicazione sia un modo per ricordare all’altro di essere vivo ma senza disturbarlo eccessivamente e senza , dio non voglia, costringendolo a pensare:
ti mando una mia foto con le giostre dietro e i miei occhi a cuore così tu saprai che sono li, non te ne fregherà nulla ma farai un sorriso leggero e veloce come il messaggio ricevuto.
Molti fotografi credono che la fotografia stia perdendo di senso perché tutti possono fotografare, io invece credo che la perdita di senso non sia nelle possibilità offerte dai mezzi tecnologici, ma dall’effetto collaterale di un mondo che cerca di creare automi e non individui pensanti.
I nuovi social, da un certo punto di vista, non avvicinano ma allontanano le persone dagli altri e sopratutto da se stesse.
Cosa credo debba fare la fotografia oggi?
Premesso che la maggior parte dei discorsi legati al senso della fotografia hanno come tema di fondo non tanto la fotografia in se ma il modo in cui questa possa portare soldi nelle tasche di noi fotografi , credo che rimanga un senso sociale della fotografia e un suo ruolo fondamentale, quello di far pensare.
Da questo punto di vista cosa è cambiato dal passato? Nulla di nulla, a parte il mercato che deve inventare nuovi significati per vendere.
Il mondo si dibatte sull’umanità, sull’arte, sulla fotografia ma in fondo cerca solo soldi e consenso e finché saranno questi i fattori determinanti non sarà solo inutile parlare di arte e fotografia, ma sarà inutile parlare di pensiero che morirà nell’ipocrisia del secondo fine.
Con questo non voglio dire che non si debba avere un occhio al mercato, anzi credo sia fondamentale, ma bisogna anche essere onesti con se stessi e distinguere la creazione sentita dalla creazione a scopo di lucro… se poi in alcuni rari casi queste due corrispondono questo è un fattore che non fa la minima differenza rispetto a quello che ho appena detto.
Quindi miei cari amici fotografi non preoccupatevi tanto di dove sta andando la fotografia ma piuttosto di dove state andando voi… in fondo la fotografia fa come la neve in una canzone di Ligabue, se ne frega.