Mimmo Jodice dice di fotografare i suoi pensieri.
Io credo che la sua fotografia vada ben oltre i suoi pensieri. Se c’è un limite alla sua fotografia è proprio in questa idea che a volte lo inchioda in un’idea.
Ma la fotografia non può essere un pensiero, non può essere un’idea, seppur nasca da entrambi questi elementi. Ogni madre che pone nel figlio le sue aspettative trasforma il figlio in uno strumento utile e lo uccide almeno in parte.
In questa statua gli occhi sembrano fissarci con intensità decisamente maggiore di quella di molti sguardi umani.
Dov’è la luce in questi occhi? Da dove viene? Cosa anima gli occhi di una statua fotografata? Cosa rende viva la rappresentazione mostrata attraverso un’altra rappresentazione?
Nello specchio della fotografia c’è sempre un’altro specchio. Il divenire sembra placarsi quando diamo un nome alla sensazione, quando lo identifichiamo con qualcosa di noi. Ma se l’identificazione si fa fluida, allora la forma non si ferma e diventa energia cinetica del sentimento che nella sua massima espressione non cerca nessuna risposta, gode del suo essere disperatamente libero.
FOTOGRAFARE I PENSIERI…
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