QUANTO DOLORE…
Quando le atrocità,che popoli diversi da noi vedono tutti i giorni,ci toccano da vicino provo una sensazione di grande dolore.Dolore perché la violenza non ha un nome ma è solo la manifestazione di una inconsapevolezza totale verso la vita.Ci sono popoli che subiscono atrocità superiori a quelle viste ieri sera ogni giorno e vederle da così vicino,seppure può sembrare ipocrita,fa un’altro effetto….
Ieri sera immaginavo le scene di questi uomini armati che uccidevano a sangue freddo altri uomini,immaginavo il terrore di chi si vedeva puntare un fucile e l’orrore di chi vedeva morire accanto a se un suo simile se non un suo amico o un suo caro;ho immaginato lo strazio,l’odore della povere da sparo e del sangue,gli occhi vedere scene che non dimenticheranno mai e il terrore pervadere ogni cellula del corpo….e ho avuto paura.
Quando si ha paura si tende a reagire con violenza,come gli animali feriti che scelgono se attaccare o fuggire ma noi siamo uomini e dobbiamo imparare a comprendere,siamo qui anche per questo e la vita serve anche a questo,sopratutto a questo.
Io voglio sentire quel dolore perché parla di una umanità ferita,voglio immaginarmi uno che preso dall’odio mi punta una pistola,voglio immaginarmi i suoi occhi perché sono occhi che hanno perso tutto.Voglio farlo perché l’unico modo per non diventare intrisi di paura e di odio è capire che la paura e l’odio sono i segnali di una vita non vissuta,costretta,forse rubata…
Voglio ricordarmi che la mia vita è responsabilità e perché voglio saper distinguere tra ciò che vale la pena affrontare e ciò che mi porta lontano da me…
Con grande dolore cerco empatia con una umanità ferita dalla sua stessa inconsapevolezza e penso che se vogliamo tornare ad amare abbiamo bisogno di un lungo percorso dentro di noi..perchè il cuore non è solo un muscolo,ma è il ritmo che ci ricorda che vivere non è scontato e che il sangue che scorre nelle vene non può essere comprato da nessun potere…
Voglio ricordarmi che mentre ci sono persone che odiano ci sono persone che non hanno mai smesso di amare…Invece di odiare chi non ha capito,voglio ringraziare chi ha comunque amato.
Archivio mensile:novembre 2015
PERCHE’ FOTOGRAFIAMO?
Ultimamente sul mio gruppo Facebook ho chiesto agli allievi del corso si accompagnare le foto che vengono postate con il “perché” di quella immagine.Magari accompagnandola con la spiegazione delle scelte tecniche e dei metadati.Qualcuno mi ha fatto giustamente notare che una fotografia dovrebbe parlare da sola,non dovrebbe avere una spiegazione scritta o comunque ognuno potrebbe avere un’interpretazione che non corrisponde a quella dell’autore.Vero anche questo.Io però credo che bisogna rilanciare il senso delle cose che si fanno e che,almeno all’inizio per i ragazzi che stanno imparando la fotografia da me,sia importante trasferire oltre al bagaglio tecnico,anche il senso di quello che si fa.
Parlavamo ieri a fine lezione di questo fatto e io dicevo loro che a volte uno dimentica o non si domanda proprio perché fotografa,questo fa si che qualcosa che comincia come una passione autentica,nel tempo si affievolisce o tende a diventare una gara tecnica legata alla nitidezza o alla qualità dell’ottica.Migliaia di fotoamatori ogni giorno passano ore a parlare di ottiche di svariate marche o della capacità di reggere gli alti iso delle reflex.Nemmeno un tecnico pagato dalla casa produttrice ne parla così tanto o con questa verve e,mentre si fa a gara di nitidezza,ci si scorda il senso della fotografia.Ecco che si vedono volte celesti esposte perfettamente,hdr stupefacenti,modelle scontornate dal controluce,ma non si vede una fotografia.Nessuno che sappia dire qualcosa che non si stato già detto da altri.Questo succede perché non ci si è mai chiesto il perché si fotografa.
Quando uno prende una reflex e scatta lo fa per esprimere un concetto,per una visione,per un racconto,per una poesia,anche per un bisogno…ma non lo fa mai,almeno all’inizio,per specchiarsi nella sua bravura.E’ quello il momento importante,è li che si gioca tutto.Quando si comincia si deve dare un senso e una direzione a ciò che si fa,poi il senso e la direzione cambieranno col tempo,ma la domanda rimarrà.
Chiedo ai miei allievi di dirmi il “perché” altrimenti quello che si fotografa non ha un senso.A volte il perché arriva prima dello scatto,a volte arriva dopo…ma esiste,nascosto nelle profondità di un’immagine nata per comunicare e creare.
A tutti gli amatori,masturbatoti di tecnica e attrezzatura dico:
A masturbarsi si diventa ciechi e la cecità non aiuta la fotografia…non specchiatevi in una gamma tonale ampia,semmai cercate una profondità di veduta…
TORNARE A STAMPARE….
Tutti sappiamo che il mondo del digitale,tra le varie rivoluzioni che ha portato nel mondo della fotografia,ha portato con se anche la “quasi” fine della stampa su carta.
Quello che al tempo della pellicola era la naturale conclusione di un processo legato alla fotografia (la stampa appunto) col digitale è divenuta una scelta arbitraria dell’utente finale dell’immagine.Naturalmente un mondo che non fa altro che correre e consumare tutto in fretta e furia non può che fruire dell’immagine veloce;cosa di meglio se non lo schermo di un pc o di un telefonino?
Il fatto poi di potere postprodurre con dei semplici plug in le proprie foto,ha trasformato tutti in artisti delle proprie immagini che in un tempo che non supera i 120 secondi fa passare l’immagine dallo scatto al web nelle forme dei più svariati social network.
Non voglio fare però il solito discorso malinconico e ricordare con tristezza i tempi in cui c’era l’emozione di andare a ritirare le foto dal fotografo per vedere il vero risultato dei nostri scatti,io sono figlio del digitale e quindi sarei anche fuori luogo nel metterla su questo piano.Tra l’altro non sono nemmeno uno che crede che tutto quello che accade oggi sia sbagliato o senza senso,o comunque questa presunta superficialità è da far ricadere sull’uomo e non sul mezzo che si usa.Detto questo però,avendo io acquistato una stampante piuttosto valida,ho da poco riassaporato il gusto di vedere sulla carta le immagini che scatto.Non che non lo facessi più,ma il fatto di controllare il processo di stampa senza passare per un laboratorio ed avere un risultato piacevole mi ha fatto riflettere su quanto si perda della fotografia quando si toglie il processo finale della stampa.
Prima di tutto si deve far collaborare il mondo digitale col mondo della materia cartacea,cosa per nulla semplice,infatti ciò che si vede sullo schermo non corrisponde mai a ciò che viene stampato per migliaia di motivazioni legate alle diverse fisicità dei supporti digitali e analogici in questione….ma il concetto che mi preme esprimere non è di ordine tecnico ma di ordine animico:
Portare un’immagine digitale su carta è anche oggi,nonostante le innovazioni tecnologiche,la reale conclusione del processo fotografico.Potrebbe non sembrare così dal momento che il mondo del lavoro piuttosto che dell’amatore sembrano prescindere da questo passaggio ma io la penso diversamente.Solo quando tocchi con mano la tua stampa sai che il processo è finito.Noi stiamo semplicemente attraversando un periodo di transizione in cui il fatiscente prova a sostituire il reale ma non durerà,la realtà ha sempre vinto nel mondo.E anche se nei prossimi anni la stampa tenderà a sparire,non credo accadrà mai in maniera definitiva,l’uomo è fatto di materia e se perde il suo contatto con la materia termina di essere uomo,almeno in questa forma.Non si può prescinder da questo.Nei prossimi anni se sparirà la stampa sparirà qualcosa di molto più grande:
Il senso del tatto,dell’olfatto dell’udito e perché no,del sapore legato a qualcosa di fisico,non può essere sostituito dal solo senso della vista e la fotografia coinvolge tutti i sensi…non solo la vista.
Quindi stampate le vostre immagini e vi renderete conto che nel momento in cui toccate con mano la vostra opera,solo in quel momento sarà veramente viva…