Siamo in dirittura di arrivo, pochi giorni e la mia avventura africana si concluderà.
Come si addice ad un occidentale mentale come me è tempo di tirare le somme, magari non somme matematiche ma emozionali.
Ho molto scritto delle usanze di questo paese nei miei articoli di questo mese, ho messo molto l’accento su una vita semplice molto più vicina all’uomo rispetto alla nostra dove l ricchezza ha corrisposto ad una perdita di umanità.
Ma l’Africa non è solo quello che ho descritto io e sarebbe ingiusto da parte mia non descriverne anche le contraddizioni e le tendenze.
Finché si resta in una realtà di paese la vita Africana è molto semplice ma se si va in città le cose cambiano e cominciano a vedersi i primi accenni, a volte ridicoli, della modernità occidentale.
Puoi passare con la macchina in una grossa rotatoria e vedere un cartellone pubblicitario dove c’è il figo di turno che beve la sua guinness solo che è un figo africano e non europeo, puoi vedere, nei maxischermi, video di reggae africano girati con tutti i crismi del tipico video rap americano; locali con musica dal vivo con donne truccate all’inverosimile con abiti alla moda e pelle sbiancata da creme,puoi vedere negozi dove la cordialità è la stessa che puoi trovare quando ti ritrovi davanti una cassiera di bricofer.
La cosa affascinante è che questa modernità ostentata e ridicola, che non appartiene a questa Africa secondo me, fa eco all’approssimazione tipico di questo popolo.
Le strade asfaltate sono solo le principali,ma le strade laterali sono in terra rossa piene di buche dove solo un guidatore esperto può non cadere in terra con un motorino; i taxi sono automobili di 35 anni con vetri spaccati e sospensioni evanescenti e i locali sono sporchi e con tavolini arrugginiti e sedie in ferro che puoi trovare nella casa in campagna da noi.
Non è difficile camminare per strada, incontrare una venditrice di banane col suo carico tenuto in equilibrio sulla testa, e più in la un giovane che fa un video col suo cellulare touch nel quale non può caricare internet per mancanza di soldi.
Insomma l’Africa ha un po il mito dell’Europa, come l’America poteva essere il mito italiano di anni fa.
Anche questo popolo comincia a svendersi all’ego di un mondo impazzito come il nostro e lo vedo muoversi, inconsapevole, verso la follia della quale non possono conoscere il prezzo.
Concludendo credo che l’uomo sia uomo ovunque e che sono le possibilità esterne a creare l’uomo purtroppo.
L’Africa è ancora un paese semplice perché non ha ricchezze, ogni uomo è disposto ad aiutarne un’altro perché sa che è l’unico modo di sopravvivere, ma quando ogni africano avrà abbastanza denaro da non aver bisogno dell’altro, diventerà quello che siamo diventati noi.
Purtroppo è la consapevolezza che dovrebbe fare la differenza, avere delle possibilità e delle comodità senza diventarne schiavo,avere denaro senza diventare avido, avere una casa senza farla diventare un bunker…
Ho raccolto immagini di un’Africa che scomparirà, non so quando ma scomparirà, è troppo evidente il percorso dell’uomo.
L’uomo qui non è semplice perché sceglie la semplicità, è semplice perché non ha scelta; e io credo che sia la scelta a distinguere l’uomo consapevole dallo schiavo.
Non so se tornando avrò il mal d’Africa,come molti mi hanno detto, in fondo il male del quale soffro io va ben al di la di una nazione, va verso una umanità che va scomparendo.
In questi villaggi, tra gli anziani e i bambini, ho visto che l’uomo può essere nella gioia senza avere nulla da mangiare e questa è una lezione che porterò con me, come porterò con me il maialino che mi attraversa la strada e il bambino che mi saluta dandomi la mano, ma quello che mi mancherà non sarà l’Africa, ma lo sguardo di un uomo che vive secondo la sua umanità.